Il potere della parola: la fama (pheme) nel mondo greco
Maggio 15, 2009 § Lascia un commento
Esiodo, Erga, 760 sgg.: Agisci in questo modo: evita la terribile fama dei mortali, perché la fama è cosa cattiva, è leggera e si solleva facilmente, ma poi è penosa da sopportare, è difficile da deporre. La fama non muore mai completamente, quando molte genti la divulgano, anche la fama è una dea.
Odissea, XIV, 235-239: Ma quando Zeus altitonante meditò il viaggio odioso che di molti eroi avrebbe sciolto le ginocchia, allora ordinavano a me e ad Idomeneo glorioso di guidare le navi alla volta di Ilio, né vi era modo di rifiutare: ci costringeva la implacabile voce del popolo.
Eschilo, Agamennone, 938-939: CASSANDRA: Non aver riguardo di quello che può mormorare la gente. AGAMENNONE: Voce di popolo ha un grande potere.
Plutarco, De garrulitate, 507: Il poeta Omero parla di “parole alate”: infatti né è facile riprendere un uccello che ci sia sfuggito di mano, né è possibile trattenere e fermare la frase che ci sia uscita di bocca, ma essa si lancia “agitando le rapide ali”, e si diffonde arrivando ad altri e da questi ad altri ancora.
Catullo, 43
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XLIII. ad Ameanam
SALVE, nec minimo puella naso
nec bello pede nec nigris ocellis
nec longis digitis nec ore sicco
nec sane nimis elegante lingua,
decoctoris amica Formiani.
ten prouincia narrat esse bellam?
tecum Lesbia nostra comparatur?
o saeclum insapiens et infacetum!